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La prelazione societaria

La prelazione, in termini generali, è il diritto di un soggetto ad essere preferito ad altri a parità di condizioni. La prelazione può essere legale se la fonte è rinvenibile nella legge oppure convenzionale, se frutto dell’autonomia negoziale delle parti. In ambito societario si parla di “prelazione” nel caso in cui l’atto costitutivo contenga una clausola che imponga al socio intenzionato a cedere le proprie azioni o partecipazioni, la preferenza degli altri soci prelazionari. L’offerta delle azioni o partecipazioni, cd. denuntiatio, potrà essere effettuata alle medesime condizioni (prelazione propria) o a condizioni differenti a quelle offerte dall’aspirante acquirente (prelazione impropria).


L’obiettivo perseguito dall’inserimento di una tale clausola risiede nell’evitare l’ingresso in società di estranei non graditi ovvero che potrebbero alterare gli originari rapporti della compagine societaria. Per quanto attiene alla natura legale o convenzionale della prelazione societaria, è da specificare che non esiste una norma che disciplina tale istituto. Sovente viene richiamato l’art. 2355 bis c.c. che riguarda le limitazioni alla circolazione delle azioni di società di persone. Il rinvio operato a tale disposizione non consente tuttavia, secondo la Dottrina prevalente, la classificazione della prelazione societaria quale legale. Bensì rientrerebbe nell’alveo della prelazione convenzionale, in quanto fonte dell’esercizio dell’autonomia negoziale dei soci. Prelazione: S.p.A. e S.r.L. L’introduzione, la modifica o l’eliminazione di una clausola di prelazione societaria necessitano di una delibera assembleare. Per quanto attiene al quorum richiesto, il legislatore disciplina unicamente il caso in cui si proceda in una S.p.A.. L’art. 2437 comma 2 lett. b), nel prevedere il diritto di recesso del socio assente o dissenziente, introduce il principio di maggioranza per tale delibera. Autorevole Dottrina ritiene che il principio della maggioranza possa essere esteso anche alle vicende della S.r.L., in primo luogo per la previsione di tale quorum per le modifiche statutarie ed in seconda battuta per la scelta del legislatore di codificare i casi di approvazione all’unanimità. Altro discorso deve essere fatto per il diritto di recesso del socio assente o dissenziente. Un tale diritto potrebbe essere previsto per i soci di S.r.L. unicamente a seguito di espressa previsione in tal senso all’interno dello statuto. La Giurisprudenza sul punto ha però specificato che l’esercizio del potere della maggioranza in merito alle clausole predette non dovrà presentare il carattere dell‘abusività, pena la nullità della delibera. Ciò significa che, ad es., nel caso in cui la maggioranza che approvi una delibera assembleare per escludere il socio di minoranza dalla prelazione, ledendo in concreto l’esercizio del diritto da parte del socio, la delibera sarebbe annullabile su iniziativa del socio leso. La violazione della clausola di prelazione Cosa succede se la previsione statutaria di prelazione societaria viene disattesa? La risposta non è semplice ed è stata oggetto di dibattito ed evoluzione giurisprudenziale e dottrinale. Da un’iniziale tesi di nullità del trasferimento delle quote, si è giunti ad affermare che la violazione della clausola di prelazione determini l’inefficacia della disposizione. Dottrina e Giurisprudenza prevalenti hanno inoltre specificato che trattasi di inefficacia assoluta, con la conseguenza che il trasferimento effettuato in violazione è inopponibile alla società e agli stessi soci pretermessi. La violazione della clausola determina il sorgere di doveri in capo agli organi societari (come ad es. quello di non pagare i dividendi nascente dall’operazione) e in merito alla validità inter partes della cessione. Sotto quest’ultimo aspetto si è molto discusso sulla tutela del socio pretermesso. L’orientamento dottrinale maggioritario che esclude un diritto di retratto nel caso di violazione della norma statutaria, è stato mitigato dalla Giurisprudenza recente nella prospettiva di limitare il meno possibile l’autonomia negoziale dei soci. Le Corti infatti ritengono possibile un diritto di retratto ai soci pretermessi qualora vi sia un’esplicita clausola statutaria che lo contempli. Rimane ferma la possibilità di un risarcimento del danno nei confronti del socio inadempiente (responsabilità contrattuale) e del terzo (responsabilità extracontrattuale) azionabile da parte dei soci pretermessi.

Articolo redatto con la collaborazione della Dott.ssa Chiara Servidio

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