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Immagine del redattoreStudio Mariani Borsani

Fino a quando i genitori devono contribuire al mantenimento dei figli maggiorenni conviventi?

Questione antica e spesso dibattuta in sede di separazione e divorzio è quella di comprendere fin quando i genitori sono tenuti a contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne e convivente.

Occorre precisare, difatti la non convivenza con i genitori, di per sè porta ad escludere sin da subito ogni onere di mantenimento, nemmeno se il figlio rientra poi a convivere (altrimenti verificandosi un obbligo di mantenimento pressoché eterno a carico dei genitori).


In sede di separazione o divorzio accade però che alcuni figli, pur se maggiorenni e conviventi, e dopo avere terminato il percorso di studi, abbiano a pretendere contributi al mantenimento da parte dei genitori.

Ebbene, è il caso che è approdato alla Corte di Cassazione, a seguito di un figlio che lamentava di non avere potuto trovare un lavoro in quanto non corrispondente alle proprie scelte di vita.

Ebbene, è intervenuta la recentissima Corte di Cassazione Cass. civ., sez. I, sent., 20 settembre 2023, n. 26875 a fare (per l'ennesima volta, a dire il vero) chiarezza, ribadendo un principio ormai ben consolidato, cioè che: «In tema di mantenimento del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica, l'onere della prova delle condizioni che fondano il diritto al mantenimento è a carico del richiedente, vertendo esso sulla circostanza di avere il figlio curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di essersi, con pari impegno, attivato nella ricerca di un lavoro: di conseguenza, se il figlio è neomaggiorenne e prosegua nell'ordinario percorso di studi superiori o universitari o di specializzazione, già questa circostanza è idonea a fondare il suo diritto al mantenimento; viceversa, per il “figlio adulto”, in ragione del principio dell'autoresponsabilità, sarà particolarmente rigorosa la prova a suo carico delle circostanze, oggettive ed esterne, che rendano giustificato il mancato conseguimento di una autonoma collocazione lavorativa».




«I principî della funzione educativa del mantenimento e dell'auto-responsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l'estensione dell'obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un'occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel “figlio adulto” l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata».

«I principî della funzione educativa del mantenimento e dell' auto-responsabilità circoscrivono, in capo al genitore, l'estensione dell'obbligo di contribuzione del figlio maggiorenne privo di indipendenza economica per il tempo mediamente necessario al reperimento di un'occupazione da parte di questi, tenuto conto del dovere del medesimo di ricercare un lavoro contemperando fra di loro, ove si verifichi tale evenienza, il bisogno di particolari attenzioni o cure del genitore convivente con i doveri verso sé stesso, la propria vita e la propria indipendenza economica, potendo tale necessità unicamente giustificare, dopo la maggiore età, meri ritardi nel conseguire la propria autonomia economico-lavorativa, ma mai costituire, nel “figlio adulto”, che anzi è allora tanto più tenuto ad attivarsi, ragione della completa elisione dei doveri verso sé stesso, anche in vista della propria vita futura».


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