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Costruzione sul suolo comune: quali diritti al comproprietario?

Quando uno dei comproprietari decide di costruire sul suolo comune si origina una situazione di incertezza in merito alla titolarità della costruzione. Questo perché anche gli altri comproprietari pretendono di poterla utilizzare, mentre chi ha costruito ritiene che la costruzione sia soltanto di sua proprietà. Il problema è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza, da ultimo con una sentenza della Cassazione Sezioni Unite, che ha dato una risposta chiara e definitiva alla questione.


In particolare la Suprema corte si è conformata all’orientamento secondo cui La costruzione eseguita dal comproprietario su suolo comune diviene per accessione, ai sensi dell’art. 934 cod. civ., di proprietà comune agli altri comproprietari del suolo, salvo contrario accordo, traslativo della proprietà del suolo o costitutivo di un diritto reale su di esso, che deve rivestire la forma scritta ad substantiam Cass. Civ. Sez. Unite, sent. n. 3873/2018 La scelta della Corte si basa sul principio che l’istituto dell’accessione ben può applicarsi alla fattispecie in esame, in quanto l’art. 934 c.c. non richiede la qualità di terzo del costruttore, argomentazione invece utilizzata dalla Giurisprudenza maggioritaria per escludere l’applicazione dell’accessione. In conclusione se un comproprietario costruisce sul suolo comune, la costruzione diventa proprietà, pro quota, di tutti i comproprietari, non è solo di proprietà di chi ha costruito. Quali rimedi per gli altri comproprietari dunque? Facciamo un esempio concreto. Tizio, Caio e Sempronio sono comproprietari di un suolo. Caio decide di costruire sul suolo, senza il consenso dei comproprietari. In base al principio del nostro codice civile e ricordato dalla Corte di Cassazione, Tizio e Sempronio diventano proprietari, pro quota, della costruzione. La Suprema Corte ha specificato che “la disciplina che deve regolare i rapporti tra comproprietario costruttore e comproprietario non costruttore vada ricavata dalle norme che regolano la comunione. In primo luogo il comproprietario che subisca il pregiudizio nel godimento del bene, può esperire diverse soluzioni per la tutela dei suoi diritti, esercitando le ordinarie azioni possessorie. In secondo luogo lo stesso potrà esercitare anche il cosiddetto ius tollendi, pretendendo la demolizione dell’opera lesiva ai sensi dell’art. 2933 c.c.. Il comproprietario in tali casi dovrà comunque agire secondo i principi di tolleranza, buona fede e di affidamento. Invece, in caso in cui vi sia un accordo anche solo verbale o acquiescenza tacita da parte del comproprietario del suolo, questi non potrà esercitare lo ius tollendi, proprio nel rispetto di tali principi. Tale situazione però imporrebbe anche al comproprietario del suolo il rimborso delle spese supportate per l’edificazione dell’opera da parte del comproprietario costruttore.

Articolo redatto con la collaborazione della Dott.ssa Chiara Servidio

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